Negli ultimi tempi la figura dello psicologo in classe ha assunto sempre maggiore importanza.

La scuola è il luogo dove i ragazzi trascorrono gran parte della giornata, ed è universalmente riconosciuta come la principale agenzia educativa dei minori, subito dopo la famiglia.

Ciò ha portato all’introduzione obbligatoria negli istituti dei principali Paesi europei e degli Stati Uniti dello psicologo, figura in grado di garantire il benessere di tutti gli attori del contesto scolastico.

Rientrano fra i compiti del terapeuta la promozione della crescita personale degli alunni e il sostegno agli insegnanti nella gestione del gruppo classe, con positive ripercussioni sulla collaborazione scuola-famiglia.

La situazione nelle scuole italiane

In Italia lo strumento tradizionalmente utilizzato dalle istituzioni educative è quello dello sportello d’ascolto psicologico.

Si tratta di un servizio affidato a professionisti esterni, incaricati per un certo numero di ore dai dirigenti scolastici in relazione alle richieste e ai bisogni emersi nel corso dell’anno.

Tuttavia negli ultimi tempi si è avvertita come sempre più impellente l’esigenza dell’istituzionalizzazione di tale servizio, resa ormai necessaria dal sensibile aumento delle situazioni di disagio vissute dagli studenti a causa della pandemia da COVID-19.

Si è quindi assistito nel settembre 2021 alla presentazione di una proposta di legge alla Camera per garantire la stabile presenza nelle scuole degli psicologi, al fine di approntare gli opportuni strumenti non solo per affrontare adeguatamente le problematiche dell’età evolutiva, ma anche per rilevare tempestivamente e con competenza eventuali patologie.

Gli adempimenti dello psicologo per la tutela della privacy

Nell’esercizio dell’ordinaria attività professionale, gli psicologi giungono inevitabilmente a conoscenza dei dati personali dei soggetti interessati.

Per evitare qualsiasi violazione della privacy, è necessario che lo psicologo, prima di ogni prestazione, consegni al soggetto l’informativa in cui indica espressamente le prestazioni, le finalità e le modalità di trattamento dei dati personali, a fronte del Regolamento Europeo 2016/679 (GDPR) e del D.Lgs 196 del 2003 (Codice Privacy).

Deve inoltre richiedere esplicitamente e in modo chiaro e dimostrabile le firme per il consenso informato (art.24 o art.31 C.D.) e l’accettazione del preventivo (L. n.124/2017), qualora previsto, nonché quelle per il consenso al trattamento dei dati personali (D.Lgs 196 del 2003/GDPR 679/16).

Necessità del consenso dei genitori: la sentenza della Cassazione

L’attività di osservazione psicologica in classe è stata oggetto della sentenza n. 40291/17 della Corte di Cassazione, che ha posto limiti ben precisi alla sua realizzazione.

Il caso ha origine da una denuncia presentata da una famiglia nei confronti di due dirigenti scolastici, due insegnanti e una psicologa, che avevano avviato un periodo di osservazione clinica degli alunni di una seconda classe elementare.

La psicologa era stata incaricata di esaminare durante le lezioni – per circa due mesi e con cadenza di due ore settimanali – il comportamento dei minori.

Ciò avveniva senza dare alcuna comunicazione alle famiglie, e senza il preventivo consenso dei genitori degli ragazzi.

All’esito dell’osservazione, la dottoressa aveva stilato una relazione clinica, dedicando una parte specifica a un alunno con problematiche comportamentali, ed esprimendo peraltro la necessità di segnalare la situazione ai genitori del bambino, i quali tuttavia erano venuti a conoscenza della relazione soltanto alla fine dell’anno scolastico, durante il colloquio con una maestra.

Ebbene, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dei genitori che avevano identificato nell’osservazione un trattamento sanitario non autorizzato.

Se la psicologa, spiega la Cassazione, ha avuto un ruolo di “consulente” della maestra per suggerirle indirizzi didattici, si può “escludere che l’attività di osservazione potesse interferire nella sfera personale degli alunni e quindi necessitare del preventivo consenso dei genitori” – ferma restando la necessità delle informative e dei consensi obbligatori già resi – ma “non altrettanto può dirsi se oggetto dell’osservazione fossero proprio i comportamenti degli alunni e, ancor di più, di alcuni alunni ritenuti portatori di problematiche”, come ritenevano i ricorrenti.

In questo secondo caso, infatti, non vi è dubbio che l’osservazione delle condotte in classe, al fine di trarne elementi per formare una valutazione degli studenti sotto il profilo comportamentale e prendere ulteriori provvedimenti, rappresentava un’invasione delle sfere personali degli alunni che, come tale, necessitava del preventivo consenso.

Il mancato consenso espresso dai genitori dei minori sottoposti a osservazione, ha concluso la Suprema Corte, ben potrebbe essere interpretato come dissenso.

Diviene pertanto di primaria importanza, nell’interesse dei minori e delle scuole, individuare le attività di competenza dello psicologo, che, interferendo nella sfera personale degli alunni, necessitano del preventivo consenso dei genitori.